Questa settimana vi proponiamo la visione dell'ultimo film di Spike Jonze, "Her", "Lei" nella versione in italiano. Scuoterà forse la percezione della tecnologia e dei dispositivi nelle nostre vite? Un invito a riflettere sui "surrogati di presenza" e sulla possibilità di mediazione con essa.
Ambientato in un ipotetico futuro non troppo lontano dal nostro, in una Los Angeles stilizzata in cui gli uomini vivono in stretta simbiosi con computer e telefonini, immersi in una tecnologia che oramai è in grado di provare emozioni, di avere una coscienza propria. Theodore Twombly, il protagonista a cui presta il volto con immensa bravura Joaquin Phoenix, è un uomo tanto sofisticato quanto introverso che si guadagna da vivere scrivendo lettere d’amore per altre persone, un mestiere che aiuterebbe anche i più anaffettivi a esprimere i propri sentimenti. Proprio lui, che con le storie d’amore lavora tutti i giorni, si è lasciato sfuggire di mano il matrimonio, ritrovandosi costretto a divorziare da Catherine interpretata da Rooney Mara, sua compagna sin dall’infanzia. Solo, tormentato dai sensi di colpa e privo di ispirazione, Theodore si lascerà convincere da una pubblicità ad acquistare OS1, un avveniristico Sistema Operativo presentato come una vera e propria intelligenza artificiale. Ed è così che entra in scena Samantha, la voce femminile interpretata in originale da Scarlett Johansson e nella versione italiana da Micaela Ramazzotti, che lo accompagnerà in un viaggio attraverso sé stesso, fino al più nobile dei sentimenti.
Partendo da una storia apparentemente semplice, il regista è andato a toccare le corde più intime della natura umana, servendosi dell’alienazione tecnologica non fine a sé stessa ma come strumento per parlare di qualcosa di ben più complesso. Dalla solitudine all’incomprensione, dall’amicizia alla sessualità, persino la relazione tra un uomo e un computer appare come la cosa più naturale del mondo, perché nata da sentimenti genuini. (Aureliano Verità)
Nessun commento:
Posta un commento